Tribuna La Croix - dicembre 2020
Sono uno scultore. Per un'imprevedibile affinità mi sono innamorato, all'età di 15 anni, dell'arte del bronzo. Alla fonderia, odori acri, polveri pesanti e attimi di eternità dove il bronzo fuso, nel suo flusso quasi fosforescente, illumina gli occhi degli uomini con un bagliore di affascinato timore, che secoli di pratica non sono riusciti solo a domarlo del tutto. La fonderia si chiamava Landowski, una famiglia amante della scultura, imparentata con l'autore del Cristo del Corcovado e della pacifica Santa Geneviève du Pont de la Tournelle. Questa fonderia è stata inghiottita nel frastuono silenzioso di un'economia poco favorevole al costoso artigianato artistico.
Ricco di questa materia straordinaria, ho scolpito. La terra, infinitamente sensibile, si trasformava in metallo al ritmo di questi flussi accattivanti, di questi vestiti di patine acide che giacevano sotto la fiamma della fiamma ossidrica. Didier Landowski fece capire alla giovane ragazza che ero consapevole che il bronzo non aveva alcuna corruzione conosciuta, che sarebbe durato quanto sarebbe durata la nostra terra. Così si pronunciava la parola eternità, nei raggi di luce che cadevano sulla piccola scrivania di Bagnolet.
Per sempre ?
Ci sono così tante nostre azioni che rimangono per sempre? L'amore, credo, è scritto invisibilmente nel libro dell'anima, al di là della vita e della morte. Ma materialmente? Tutto nel nostro mondo si sta corrompendo ed erodendo. La natura sa trarre dalla sua linfa lo slancio delle rinascite stagionali. Ma le nostre produzioni umane? Si sostituiscono e si susseguono piuttosto che durare. Anche le nostre amate pietre della cattedrale si stanno sgretolando silenziosamente, custodite con grandi rinforzi di conservazione che non promettono loro l’eternità. Mentre passeggiavo nel museo di scultura della fondazione Coubertin, pensavo, vedendo il grande cavallo del generale Alvear de Bourdelle o i guerrieri di Ousmane Sow, che sarebbero stati lì, molto tempo dopo di noi, sotto migliaia di altre piogge e altre nevi. Ciò ha cambiato la mia visione della scultura. Per il tempo della mia vita e per le mie opere che sarebbero rimaste dopo di me. Ho seguito Montaigne “Se la vita è solo un passaggio, almeno su questo passaggio seminiamo fiori. » Anche se avevo cominciato dicendo qualcosa sulla sofferenza umana, le ho decisamente voltato le spalle, non che non esistesse, ma per lasciare tracce indelebili su questa terra, volevo che fossero di grazia e non di paura.
L'arte al servizio del sacro
La Provvidenza, con metodica insistenza, mi chiede da anni progetti di realizzazioni e sistemazioni liturgiche nelle chiese di ogni epoca, dal XV al XXI secolo. Altari, amboni, tabernacoli, Cristo, e spesso tutto questo coro da intonare e portare alla luce. Avevo deciso di parlare di ciò che è luminoso nell'uomo, mi è stato chiesto di mostrare ciò che è luminoso in Dio.
Allora ho visto due cose: la bellezza dell'animo umano e l'incorruttibilità del Mistero.
Osservo la nostra bellissima terra di Francia. TGV e TER mi cullano dalle valli ai prati, dal caldo Nord al soleggiato Sud, dalle nebbiose mattine ai tramonti incendiari. Ogni volta scopro tesori di pietra. E tesori degli esseri. Non posso nominarli tutti, questi volti di preti, monaci, donne, uomini di buona volontà, tutti pronti per l'audacia di intraprendere, per l'energia del fare, per la fiducia che dal creato può nascere bellezza e che da questa bellezza è un dono da fare al nostro mondo. Che la materia può essere trasfigurata quando serve lo spirituale. Che l'arte è il complemento della fede.
Con questi sponsor mi rendo conto più che mai che la vigilanza nella bellezza è una delle chiavi della trasmissione. Come nella basilica di Saint-Avold dove ho trasformato una volta imbruttita dal tempo in una cupola stellata davanti ai nostri occhi stupiti di bambini, dove ho realizzato un corpo illuminante che non era un semplice portacandele, ma il manto della Vergine in cui metterà la fiamma della nostra fiducia e del nostro abbandono. Il mio occhio vede, pensa, crea attraverso gli occhi di tutte le generazioni a venire.
Ma soprattutto, divento ogni giorno più consapevole dell'incorruttibilità del Mistero, nonostante le degradazioni del mondo e la sua violenza. È stato il bronzo a cominciare a indicarmelo proiettando il mio sguardo oltre il futuro familiare. E poi ho scavato nei tesori del passato per unire opere antiche con un gesto contemporaneo, nella gioielleria. La mia percezione del tempo si è estesa all'infinito e ho aperto gli occhi su una realtà che superava completamente la temporalità della mia vita.
“La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno fermata. » Giovanni 1,5.
Non siamo solo quello che siamo. Siamo una lunga schiera che si allunga da 2000 anni sulle orme di un solo uomo, e che ripete, riprende, riesamina con instancabile fiducia le parole del Vangelo. Non siamo solo le nostre voci, che cantano o combattono, siamo il lungo canto salmodico che sale verso l'abbraccio ombroso del cielo. L'acqua battesimale che scorre sulla fronte e si mescola alla santa dolcezza del Crisma è cambiata per sempre. Ci basta affrontare questo Mistero divino, che arde come una brace nel profondo del nostro cuore, per aprire con delicatezza questa tenda dell’incontro nell’anima dei bambini. L'Eucaristia, come un sole maestoso, continuerà a sorgere sull'orizzonte bronzeo degli altari, per essere portata nel trionfo silenzioso degli ostensori, fondamentalmente insensibile al caos della Storia, alle sue assurdità o ai suoi attacchi, che non hanno né frutto né memoria. Perché irradia una luce assoluta e inesauribile.